Sono molte persone che a un certo punto decidono di informarsi rispetto alla cover up tatuaggio e parliamo di un argomento molto interessante e in realtà a parte questo intervento, parlare di tatuaggi lo è in generale perché si parla di un mondo sempre in evoluzione.
Infatti, si parla di un mondo dove nascono sempre nuovi stili e anzi dove gli stessi si evolvono anche grazie alla creatività e all’ispirazione di tutti i professionisti e le professioniste che ci lavorano che più che tatuatori o tatuatrici dovremmo chiamarli artisti, perché poi spesso dei tatuaggi sono delle piccole opere d’arte che ci facciamo incidere sulla nostra pelle.
Però come si suol dire non è tutto oro quello che luccica e nel caso dei tatuaggi ciò significa che ci sono persone che, per vari motivi, a un certo punto decidono di volerlo eliminare e quindi si informano su questa possibilità del Cover up che non è l’unica perché ce ne stanno altre e almeno vogliono avere delle informazioni preliminari per capire come funziona il processo, o più che eliminare in questo caso lo vogliono coprire.
Non è l’unica alternativa perché molte persone più che coprirlo vorrebbero completamente eliminarlo e diciamo che le strade da prendere potenzialmente sono tante.
Diciamo che in un contesto del genere la prima cosa da sottolineare è che non è sempre possibile pensare a questo trattamento di cover up e ad esempio non è possibile se il tatuaggio in questione è troppo grande e pensiamo che se n’è fatto fare uno che copre praticamente tutta la schiena e un altro motivo può essere che il tatuaggio è troppo scuro.
Certamente poi noi abbiamo fatto solo degli esempi perché ogni caso è specifico sia rispetto alla grandezza del tatuaggio che anche rispetto al colore e sono sempre gli esperti nel settore che devono fare delle analisi più precise avendo le competenze avendo anche le esperienze per poter valutare il tatuaggio che abbiamo e se è possibile coprirlo, oppure dobbiamo cercare un’altra strada.
Se vogliamo informarci rispetto al processo di cover up di un tatuaggio ci conviene parlare con vari professionisti
Se già nella prima parte abbiamo fatto riferimento alla possibilità di non poter usufruire del Cover up per un tatuaggio per vari motivi, un altro motivo che per tanti è banale ma deve essere sottolineato è che, quando il tatuaggio è troppo fresco perché lo abbiamo fatto da poco anche qui diventa impossibile coprirlo.
Mentre quello che volevamo sottolineare nel titolo di questa seconda parte è che bisogna avere sempre più pareri e non dobbiamo prendere per oro colato quello che ci dice una persona in particolare.
Solo quando avremo vari pareri e per esempio ci sono anche professionisti che ci mettono in guardia rispetto a prendere in considerazione questa possibilità del Cover up proprio nei mesi estivi quando andiamo al mare e quando stiamo sempre sotto al sole perché potrebbe essere un problema.
Comunque, l’importante è non scoraggiarsi mai perché una soluzione la si trova sempre.
Link Utili:
Il tatuaggio (derivato dal francese tatouage, a sua volta dal verbo tatouer e questo dal termine anglosassone tattoo, adattamento del samoano tatau) è sia una tecnica di decorazione pittorica corporale dell’uomo, sia la decorazione prodotta con tale tecnica. Tradizionalmente la decorazione è destinata a durare per molto tempo,a volte per sempre, ma in tempi recenti sono state inventate tecniche per realizzare tatuaggi temporanei.
Nella sua forma più diffusa, la tecnica di questa modificazione corporea consiste nell’incidere la pelle ritardandone la cicatrizzazione con sostanze particolari (più precisamente è chiamata scarificazione) o nell’eseguire punture con l’introduzione di sostanze coloranti nelle ferite. Questa tecnica, che oggi sembra facile da eseguire,è stata resa possibile dal susseguirsi e dall’evolversi di tecniche più svariate e ardue nell’antichità. (Wikipedia)
Origini del tatuaggio
Tatuaggi terapeutici sono stati ritrovati sulla mummia dell’”uomo di Pazyryk” nell’Asia centrale con complicati tatuaggi animali o quello della principessa di Ukok (Mummia dell’Altai) databile intorno al 500 a.C. che rappresenta un animale immaginario (cervo e grifone) di un alto livello artistico, arrivato quasi intatto a noi grazie alla permanenza nel permafrost. Tra le civiltà antiche in cui si sviluppò il tatuaggio fu l’Egitto ma anche l’antica Roma, dove venne vietato dall’imperatore Costantino, a seguito della sua conversione al Cristianesimo. È peraltro da rilevare che, prima che il Cristianesimo divenisse religione lecita e, successivamente religione di Stato, molti cristiani si tatuavano sulla pelle simboli religiosi per marcare la propria identità spirituale.
È inoltre attestata nel Medioevo l’usanza dei pellegrini di tatuarsi con simboli religiosi dei santuari visitati, particolarmente quello di Loreto. Fra i cristiani la pratica del tatuaggio è diffusa fra i copti monofisiti. Col tatuaggio i copti rimarcano la propria identità cristiana, i soggetti sono solitamente la croce copta, la natività e il Santo Mar Corios, martirizzato sotto Diocleziano e rappresentato in sella ad un cavallo con un bambino. La religione ebraica vieta tutti i tatuaggi permanenti, come prescritto del Levitico (Vaikrà) (19, 28). In particolare, l’Ebraismo vieta ogni incisione accompagnata da una marca indelebile di inchiostro o di altro materiale che lasci una traccia permanente. (Wikipedia)
Tecniche di tatuaggio
Gli Inuit usano degli aghi d’osso per far passare attraverso la pelle un filo coperto di fuliggine (la china, che artigianalmente e impropriamente si adopera per lo scopo è in fin dei conti una sospensione acquosa di fuliggine).
Nelle zone oceaniche (Polinesia, Nuova Zelanda) il tatuaggio viene eseguito tramite i denti di un pettine di osso che, fermato all’estremità di una bacchetta (formando così uno strumento di forma simile a un rastrello), e battuto tramite un’altra bacchetta, forano la pelle introducendo il colore, ottenuto quest’ultimo dalla lavorazione della noce di cocco.
I giapponesi, con la tecnica detta tebori, usano sottili aghi metallici e pigmenti, adesso di molti colori, ma che in origine erano rosso, giallo e indaco, oltre al nero in varie gradazioni, e introducono nella pelle sostanze di natura chimica diversa e di colore diverso. La tecnica giapponese prevede che gli aghi, fissati all’estremità di una bacchetta di bambù, che viene fatta scorrere avanti e indietro (di forma simile a un sottile pennello), siano fatti entrare nella pelle obliquamente, con minor violenza rispetto alla tecnica polinesiana, ma comunque in modo abbastanza doloroso. (Wikipedia)