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La tradizione del tatuaggio giapponese
Uno degli stili oggi più amati assieme al new school, il lettering, i maori etc.
per realizzare i tatuaggi è quello giapponese.
Questo tipo tatuaggio ha un’origine antichissima che dei secoli ha visto diversi cambiamenti.
Come tante cose giapponesi, la tradizione vuole che siano rispettate alcune regole, come vedremo di seguito in questa guida che include tutto quello che c’è da sapere.
Che origine hanno
I Tatuaggi Giapponesi Robecco sul Naviglio hanno una antichissima origine e spesso erano usati per punire.
Chi trasgrediva la legge, infatti, veniva tatuato in maniera da poterlo riconoscere subito.
solamente nel periodo Edo cioè tra il 1600 e il 1868 d.C.
il tattoo inizia ad avere una funzione decorativa.
Il tatuaggio era simbolo dei criminali ancora, ma lo si trovava anche sulle mani degli amanti segreti.
Erano due piccoli puntini sulla mano di lui e di lei che combaciavano quando le mani erano giunte.
In questo periodo arrivano in Giappone delle storie chienesi su dei briganti tatuati e le illustrazioni dell’opera venivano tatuate per riprodurre le gesta eroiche.
Era usati anche soggetti che decoravano i kimono tradizionali.
Questi soggetti erano spesso i preferiti dalle geishe, le prostitute giapponesi.
Insomma, il tatuaggio era un segno distintivo dei ceti più bassi della società, non solo malviventi e prostitute, ma anche tutti quelli che facevano un lavoro manuale e non di intelletto.
Nel 1870 il governo giapponese dichiarò il tatto illegale perché ritenuta una pratica sovversiva.
La mafia giapponese, la Yakuza, continuava a tatuarsi, come in antichità, per indicare il loro status all’interno dell’organizzazione: più il corpo era tatuato, più era importante il mafioso.
Era diventano un simbolo di potere che i vertici più alti sfoggiavano.
Per poter avere Tatuaggi Giapponesi Robecco sul Naviglio sempre più belli e ricchi, si chiamavano grandi maestri che ritraevano scene tipiche di eroi, miti e leggende.
Grazie a questa ricerca della tradizione, il tatuaggio spesso era segno di auspicio, fortuna, denaro, potere etc.
I grandi maestri realizzavano vere e proprie opere d’arte sul corpo dei criminali, iniziando a renderli davvero belli e desiderati da tutti quanti.
È necessario attendere la fine della seconda guerra mondiale perché il governo giapponese dichiari legala l’arte del tatuaggio.
Ancora oggi, moltissimi anziani giapponesi considerano male chi mostra i propri tatuaggi in pubblico per colpa delle antiche reminiscenze legate alla tradizione del tatuaggio che marchiava i mafiosi e i criminali.
Che tecnica si usa
I Tatuaggi Giapponesi Robecco sul Naviglio sono realizzati secondo antiche regola e dettami, cosa cui i giapponesi tengono moltissimo.
Il tatuaggio tradizione giapponese prende il nome di Irezumi.
Per realizzarlo si usa un tecnica particolare, chiamata tebori.
Gli aghi, in questo caso, entrano nel derma obliquamente e non verticalmente come succede con le tecniche occidentali.
La tecnica giapponese risulta essere meno dolorosa, ma non è sempre detto.
Gli strumenti tradizionali erano in bamboo, ma oggi si utilizzano le stesse macchinette.
Nonostante ciò, in moltissimi studi giapponesi tradizionali la prima mano di inchiostro nero si posa ancora mano con la tecnica tebori che prevede una certa impostazione delle mani per tenere il pennello con l’inchiostro e lo strumento in bamboo con gli aghi.
I maestri utilizzano il nero per tracciare i contorni che poi sono riempiti con il colore.
Non è un colore sfumato, ma nemmeno carico e ricco.
Oggi spessi si vedono molte sfumature, ma si tratta di un’interpretazione più che una tradizione vera e propria.
Dopo aver steso il nero, il maestro usa i colori che sono molti e diversi.
Il tatuaggio deve raccontare la storia del personaggio scelto, secondo la tradizione.
Un tattoo in stile giappo può essere mano a mano ingrandito fino a occupare una zona vasta del corpo o anche tutto il corpo.
Nel tempo si possono perciò prenotare ulteriori sedute per ingrandire il progetto iniziale.
La copertura totale del corpo può durare anche anni e venire a costare tanto quanto un appartamento.
Per potersi fare un bel tatuaggio in stile giapponese è indisponibile trovare un tattoo shop che sia specializzato in questa tecnica.
Non ha senso, infatti, costringere un tatuatore che magari è più a afferrato con lo stile realistico a fare il giapponese.
Quali sono i soggetti più rappresentanti
I soggetti che tradizionalmente si usa raffigurare con i Tatuaggi Giapponesi Robecco sul Naviglio sono ispirati alle tradizioni del Giappone.
Ecco allora che anzitutto va citato il drago che può esser di acqua o anche di fuoco.
Nella tradizione giapponese il drago non ha ali e il suo corpo sembra più quello di un grande serpente o lucertolone.
Di seguito, ci sono altre figure legate ai miti e alle leggende dell’antico Giappone.
C’è la volpe a nove code Kyubi oppure il cavallo / drago infuocato, chiamato Kirin o anche Kilin, che è un auspicio di buona sorte e fortuna.
Sono frequenti Tatuaggi Giapponesi Robecco sul Naviglio con il serpente Hebi, legato anche alla tradizione della donna serpente, o anche il leone Shishi che si vede spessissimo anche nell’architettura.
Infatti, questi leoni sono elementi che si trovano all’entrata di edifici importanti.
Anche la fenicie Hou ou è un soggetto molto raffigurato come la donna con coda di specie, una sorta di sirena però in versione giapponese. Altri soggetti possono esser ispirati alla natura come i fiori di loto, di ciliegio, di peonie e crisantemo.
Altri elementi sono le carpe Koi , le onde, le montagne, gli alberi e simili.
Oggi si realizzano in questo stile anche latri soggetti meno legati alla tradizione, ma più legati alla fascino del Giappone, come possono esser le geishe.
Sono una sorta di pin up del tattoo giapponese che gli occidentali richiedono molto di frequente.
Ultimamente, si sono visti tantissimo anche altri elementi ispirati al Giappone, spesso si parla di cibo e alimenti, ma spesso sono realizzati con un altro stile come il new school e non proprio quello giapponese.
La scelta del soggetto da rappresentare è fondamentale.
Spesso scegliendo una certa figura si ha una scelta obbligata anche per quanto riguarda gli altri elementi, infatti, spesso il drago è abbinato al crisantemo e il eone alle peonie perché tradizionalmente dietro c’è un grande significato.
Il tattoo nipponico non ha solo una funzione decorativa, infatti, ma ha un significato spirituale e mistico.
Tattoo Robecco sul Naviglio
Il tatuaggio (derivato dal francese tatouage, a sua volta dal verbo tatouer e questo dal termine anglosassone tattoo, adattamento del samoano tatau)[1][2][3] è sia una tecnica di decorazione pittorica corporale dell’uomo, sia la decorazione prodotta con tale tecnica. Tradizionalmente la decorazione è destinata a durare per molto tempo,a volte per sempre, ma in tempi recenti sono state inventate tecniche per realizzare tatuaggi temporanei.
Nella sua forma più diffusa, la tecnica di questa modificazione corporea consiste nell’incidere la pelle ritardandone la cicatrizzazione con sostanze particolari (più precisamente è chiamata scarificazione) o nell’eseguire punture con l’introduzione di sostanze coloranti nelle ferite. Questa tecnica, che oggi sembra facile da eseguire,è stata resa possibile dal susseguirsi e dall’evolversi di tecniche più svariate e ardue nell’antichità.
Origini del tatuaggio
Tatuaggi terapeutici sono stati ritrovati sulla mummia dell'”uomo di Pazyryk” nell’Asia centrale con complicati tatuaggi animali o quello della principessa di Ukok (Mummia dell’Altai) databile intorno al 500 a.C. che rappresenta un animale immaginario (cervo e grifone) di un alto livello artistico, arrivato quasi intatto a noi grazie alla permanenza nel permafrost.[4] Tra le civiltà antiche in cui si sviluppò il tatuaggio fu l’Egitto ma anche l’antica Roma, dove venne vietato dall’imperatore Costantino, a seguito della sua conversione al Cristianesimo.[5] È peraltro da rilevare che, prima che il Cristianesimo divenisse religione lecita e, successivamente religione di Stato, molti cristiani si tatuavano sulla pelle simboli religiosi per marcare la propria identità spirituale.
È inoltre attestata nel Medioevo l’usanza dei pellegrini di tatuarsi con simboli religiosi dei santuari visitati, particolarmente quello di Loreto. Fra i cristiani la pratica del tatuaggio è diffusa fra i copti monofisiti. Col tatuaggio i coptirimarcano la propria identità cristiana, i soggetti sono solitamente la croce copta, la natività e il Santo Mar Corios, martirizzato sotto Diocleziano e rappresentato in sella ad un cavallo con un bambino.[6] La religione ebraica vieta tutti i tatuaggi permanenti, come prescritto del Levitico (Vaikrà) (19, 28).[5] In particolare, l’Ebraismo vieta ogni incisione accompagnata da una marca indelebile di inchiostro o di altro materiale che lasci una traccia permanente. [Continua…]
Tecniche di tatuaggio
Gli Inuit usano degli aghi d’osso per far passare attraverso la pelle un filo coperto di fuliggine (la china, che artigianalmente e impropriamente si adopera per lo scopo è in fin dei conti una sospensione acquosa di fuliggine).
Nelle zone oceaniche (Polinesia, Nuova Zelanda) il tatuaggio viene eseguito tramite i denti di un pettine di osso che, fermato all’estremità di una bacchetta (formando così uno strumento di forma simile a un rastrello), e battuto tramite un’altra bacchetta, forano la pelle introducendo il colore, ottenuto quest’ultimo dalla lavorazione della noce di cocco.
I giapponesi, con la tecnica detta tebori, usano sottili aghi metallici e pigmenti, adesso di molti colori, ma che in origine erano rosso, giallo e indaco, oltre al nero in varie gradazioni, e introducono nella pelle sostanze di natura chimica diversa e di colore diverso. La tecnica giapponese prevede che gli aghi, fissati all’estremità di una bacchetta di bambù, che viene fatta scorrere avanti e indietro (di forma simile a un sottile pennello), siano fatti entrare nella pelle obliquamente, con minor violenza rispetto alla tecnica polinesiana, ma comunque in modo abbastanza doloroso.
[Continua…]
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