Sono molte le persone che potrebbero pensare di farsi fare un tatuaggio animali e quindi con dei disegni che raffigurano un animale in particolare e comunque parliamo di disegni che riguardano i tatuaggi tra i più diffusi se facessimo una statistica e se andassimo a parlare con i vari professionisti nel settore e quindi con dei tatuatori o con delle tatuatrici.
In ogni caso parliamo di un mondo sempre in evoluzione dove nascono nuovi stili e dove quelli vecchi vengono evoluti e ci sono persone che ormai sono quasi dei collezionisti di tatuaggi perché se ne sono fatti tatuare tantissimi e poi ci sono altre persone che si fanno incuriosire e quindi almeno uno se lo vogliono far fare.
Per quanto riguarda i motivi che spingono una persona ad optare per un tatuaggio con un disegno di un animale possono essere vari e teniamo presente che in linea generale gli animali portano sempre con sé significati simbolici molto profondi.
Ad esempio, se decidessimo di farci fare un tatuaggio con un disegno di un leone e lo stesso potrebbe rappresentare coraggio e forza, oppure il gufo potrebbe rappresentare saggezza e intuizione, oppure il lupo potrebbe essere un messaggio di libertà e fedeltà e sono solo degli esempi.
Chiaramente poi questi disegni possono essere realizzati rispetto ad una varietà di stili artistici che riguardano i tatuaggi e potremo pensare a quelli realistici rispetto ai quali un animale viene rappresentato in modo molto dettagliato quasi che sembra una fotografia.
Oppure professionisti nel settore potrebbero optare per altri stili e molto popolari che riguardano i tatuaggi e pensiamo al Black work o al neo-tradizionali o al dot work di ogni professionista ha le sue preferenze che cercherà di spiegare ai suoi clienti.
Chiaramente a parte la questione simbolica ogni persona sceglie un animale rispetto a un altro dipendendo da una sua affinità personale con quella specie e ci sono persone che per esempio potrebbero optare anche per animali domestici simboli di protezione, oppure potrebbero farsi tatuare il loro cane.
Dopo che ci facciamo fare un tatuaggio dobbiamo prendercene cura
Come dicevamo dal titolo di questa seconda parte e sicuramente sarebbero d’accordo i vari professionisti nel settore dopo che ci hanno fatto un tatuaggio poi dobbiamo prendercene cura per garantire una corretta guarigione e soprattutto per garantire una lunga durata dello stesso.
Per questo motivo poi dobbiamo seguire le istruzioni che ci dà il nostro tatuatore rispetto magari alla pulizia e all’idratazione del tatuaggio, così come anche per esempio evitare di esporsi al sole i primi giorni o proteggerlo anche da agenti irritanti e quindi stare attenti alle creme che utilizziamo e agli altri prodotti cosmetici.
Per quanto riguarda il prezzo dello stesso rutto dipende molto da quanto sarà grande questo tatuaggio e ad esempio ci sono persone che magari si fanno tatuare un animale su tutta la schiena e in quale parte del corpo e ci sono alcune che sono più difficili da tatuare e quindi sono più costose e parliamo del collo o delle mani.
Link Utili:
Il tatuaggio (derivato dal francese tatouage, a sua volta dal verbo tatouer e questo dal termine anglosassone tattoo, adattamento del samoano tatau) è sia una tecnica di decorazione pittorica corporale dell’uomo, sia la decorazione prodotta con tale tecnica. Tradizionalmente la decorazione è destinata a durare per molto tempo,a volte per sempre, ma in tempi recenti sono state inventate tecniche per realizzare tatuaggi temporanei.
Nella sua forma più diffusa, la tecnica di questa modificazione corporea consiste nell’incidere la pelle ritardandone la cicatrizzazione con sostanze particolari (più precisamente è chiamata scarificazione) o nell’eseguire punture con l’introduzione di sostanze coloranti nelle ferite. Questa tecnica, che oggi sembra facile da eseguire,è stata resa possibile dal susseguirsi e dall’evolversi di tecniche più svariate e ardue nell’antichità. (Wikipedia)
Origini del tatuaggio
Tatuaggi terapeutici sono stati ritrovati sulla mummia dell’”uomo di Pazyryk” nell’Asia centrale con complicati tatuaggi animali o quello della principessa di Ukok (Mummia dell’Altai) databile intorno al 500 a.C. che rappresenta un animale immaginario (cervo e grifone) di un alto livello artistico, arrivato quasi intatto a noi grazie alla permanenza nel permafrost. Tra le civiltà antiche in cui si sviluppò il tatuaggio fu l’Egitto ma anche l’antica Roma, dove venne vietato dall’imperatore Costantino, a seguito della sua conversione al Cristianesimo. È peraltro da rilevare che, prima che il Cristianesimo divenisse religione lecita e, successivamente religione di Stato, molti cristiani si tatuavano sulla pelle simboli religiosi per marcare la propria identità spirituale.
È inoltre attestata nel Medioevo l’usanza dei pellegrini di tatuarsi con simboli religiosi dei santuari visitati, particolarmente quello di Loreto. Fra i cristiani la pratica del tatuaggio è diffusa fra i copti monofisiti. Col tatuaggio i copti rimarcano la propria identità cristiana, i soggetti sono solitamente la croce copta, la natività e il Santo Mar Corios, martirizzato sotto Diocleziano e rappresentato in sella ad un cavallo con un bambino. La religione ebraica vieta tutti i tatuaggi permanenti, come prescritto del Levitico (Vaikrà) (19, 28). In particolare, l’Ebraismo vieta ogni incisione accompagnata da una marca indelebile di inchiostro o di altro materiale che lasci una traccia permanente. (Wikipedia)
Tecniche di tatuaggio
Gli Inuit usano degli aghi d’osso per far passare attraverso la pelle un filo coperto di fuliggine (la china, che artigianalmente e impropriamente si adopera per lo scopo è in fin dei conti una sospensione acquosa di fuliggine).
Nelle zone oceaniche (Polinesia, Nuova Zelanda) il tatuaggio viene eseguito tramite i denti di un pettine di osso che, fermato all’estremità di una bacchetta (formando così uno strumento di forma simile a un rastrello), e battuto tramite un’altra bacchetta, forano la pelle introducendo il colore, ottenuto quest’ultimo dalla lavorazione della noce di cocco.
I giapponesi, con la tecnica detta tebori, usano sottili aghi metallici e pigmenti, adesso di molti colori, ma che in origine erano rosso, giallo e indaco, oltre al nero in varie gradazioni, e introducono nella pelle sostanze di natura chimica diversa e di colore diverso. La tecnica giapponese prevede che gli aghi, fissati all’estremità di una bacchetta di bambù, che viene fatta scorrere avanti e indietro (di forma simile a un sottile pennello), siano fatti entrare nella pelle obliquamente, con minor violenza rispetto alla tecnica polinesiana, ma comunque in modo abbastanza doloroso. (Wikipedia)