Prima di andare nello specifico a fare riferimento alla possibilità di farsi fare un tatuaggio floreale e quindi se non è la prima volta che ce ne facciamo fare uno o magari abbiamo già dei professionisti di riferimento, comunque in generale dobbiamo dire che ormai i tatuaggi sono riconosciuti a 360 gradi con una forma di espressione artistica e tecnicamente parlando si parla dell’inserimento di pigmenti colorati con l’utilizzo di aghi.
Ma soprattutto dobbiamo ammettere che ormai questi tatuaggi negli ultimi anni sono molto diffusi a 360 gradi e ci sono numerosi stili e numerosi temi e quelli floreali sono molto apprezzati da tanti punti di vista sia per la loro bellezza e per la loro versatilità.
Sul fatto che facciamo riferimento ai fiori per quanto riguarda la loro bellezza nessuno si stupirà perché sappiamo che anche esteticamente sono molto belli da vedere e se parliamo invece di versatilità ci riferiamo al fatto che comunque ce ne stanno di tanti tipi e ognuno tra questi ha un significato simbolico unico.
Fermo restando che comunque non è che tutte le persone che si fanno fare dei tatuaggi hanno in mente il significato simbolico di quel fiore specifico che si vogliono fare tatuare e semplicemente gli piace esteticamente come disegno.
Però ad esempio ci possono essere persone che scelgono di farsi fare una rosa perché sanno che la stessa rappresenta amore e passione, oppure c’è chi preferirà un giglio perché rappresenta purezza ed eleganza o un fiore di ciliegio che rappresenta la rinascita.
Mentre poi queste persone quando vanno a parlare con i vari professionisti nel settore e quindi con i vari tatuatori e con le varie tatuatrici, scopriranno che comunque questi fiori possono essere disegnati e tatuati sulla pelle scegliendo diversi stili che vanno da quello nella tradizionale o con l’acquerello o con lo stile dot work e ognuno ha delle caratteristiche diverse e ha delle peculiarità soprattutto.
Chiaramente soprattutto quando ci si trova per la prima volta ad informarsi su un tatuaggio importante poi sarà scegliere un tatuatore un dopo una ricerca approfondita che riguarda andare a guardare anche il suo portfolio così per valutare la qualità del suo lavoro e assicurarci grazie alle recensioni dei clienti che il professionista rispetta delle norme igieniche e di sicurezza.
Soprattutto quando ci facciamo fare un primo tatuaggio dobbiamo prendere delle precauzioni per ridurre al minimo i rischi
Per quanto riguarda le varie precauzioni alle quali facevamo riferimento nel titolo di questa seconda parte dopo che ci facciamo fare un tatuaggio, intanto dobbiamo proteggere quest’ultimo dall’eccessiva esposizione al sole e soprattutto nei primi periodi evitare per esempio di grattare e strofinare la zona tatuata.
Mentre per quanto riguarda la pulizia dello stesso basterà applicare una crema antibiotica o pulirlo con acqua e sapone neutro e sono solo alcune istruzioni che potrebbe darci il nostro professionista di riferimento.
Professionista di riferimento che dovrà usare degli aghi e degli strumenti monouso o dovrà sterilizzati correttamente per evitare delle infezioni o la trasmissione di malattie.
Link Utili:
Il tatuaggio (derivato dal francese tatouage, a sua volta dal verbo tatouer e questo dal termine anglosassone tattoo, adattamento del samoano tatau) è sia una tecnica di decorazione pittorica corporale dell’uomo, sia la decorazione prodotta con tale tecnica. Tradizionalmente la decorazione è destinata a durare per molto tempo,a volte per sempre, ma in tempi recenti sono state inventate tecniche per realizzare tatuaggi temporanei.
Nella sua forma più diffusa, la tecnica di questa modificazione corporea consiste nell’incidere la pelle ritardandone la cicatrizzazione con sostanze particolari (più precisamente è chiamata scarificazione) o nell’eseguire punture con l’introduzione di sostanze coloranti nelle ferite. Questa tecnica, che oggi sembra facile da eseguire,è stata resa possibile dal susseguirsi e dall’evolversi di tecniche più svariate e ardue nell’antichità. (Wikipedia)
Origini del tatuaggio
Tatuaggi terapeutici sono stati ritrovati sulla mummia dell’”uomo di Pazyryk” nell’Asia centrale con complicati tatuaggi animali o quello della principessa di Ukok (Mummia dell’Altai) databile intorno al 500 a.C. che rappresenta un animale immaginario (cervo e grifone) di un alto livello artistico, arrivato quasi intatto a noi grazie alla permanenza nel permafrost. Tra le civiltà antiche in cui si sviluppò il tatuaggio fu l’Egitto ma anche l’antica Roma, dove venne vietato dall’imperatore Costantino, a seguito della sua conversione al Cristianesimo. È peraltro da rilevare che, prima che il Cristianesimo divenisse religione lecita e, successivamente religione di Stato, molti cristiani si tatuavano sulla pelle simboli religiosi per marcare la propria identità spirituale.
È inoltre attestata nel Medioevo l’usanza dei pellegrini di tatuarsi con simboli religiosi dei santuari visitati, particolarmente quello di Loreto. Fra i cristiani la pratica del tatuaggio è diffusa fra i copti monofisiti. Col tatuaggio i copti rimarcano la propria identità cristiana, i soggetti sono solitamente la croce copta, la natività e il Santo Mar Corios, martirizzato sotto Diocleziano e rappresentato in sella ad un cavallo con un bambino. La religione ebraica vieta tutti i tatuaggi permanenti, come prescritto del Levitico (Vaikrà) (19, 28). In particolare, l’Ebraismo vieta ogni incisione accompagnata da una marca indelebile di inchiostro o di altro materiale che lasci una traccia permanente. (Wikipedia)
Tecniche di tatuaggio
Gli Inuit usano degli aghi d’osso per far passare attraverso la pelle un filo coperto di fuliggine (la china, che artigianalmente e impropriamente si adopera per lo scopo è in fin dei conti una sospensione acquosa di fuliggine).
Nelle zone oceaniche (Polinesia, Nuova Zelanda) il tatuaggio viene eseguito tramite i denti di un pettine di osso che, fermato all’estremità di una bacchetta (formando così uno strumento di forma simile a un rastrello), e battuto tramite un’altra bacchetta, forano la pelle introducendo il colore, ottenuto quest’ultimo dalla lavorazione della noce di cocco.
I giapponesi, con la tecnica detta tebori, usano sottili aghi metallici e pigmenti, adesso di molti colori, ma che in origine erano rosso, giallo e indaco, oltre al nero in varie gradazioni, e introducono nella pelle sostanze di natura chimica diversa e di colore diverso. La tecnica giapponese prevede che gli aghi, fissati all’estremità di una bacchetta di bambù, che viene fatta scorrere avanti e indietro (di forma simile a un sottile pennello), siano fatti entrare nella pelle obliquamente, con minor violenza rispetto alla tecnica polinesiana, ma comunque in modo abbastanza doloroso. (Wikipedia)