Di certo non sono tante le persone che appena approcciano il mondo dei tatuaggi potrebbero optare per un tatuaggio grande chiaramente, perché potrebbero avere anche paura di una loro soglia del dolore un po’ bassa e soprattutto potrebbero non conoscere nello specifico quel tatuatore e quindi rischiare già di partire con un tatuaggio che magari copre parte della schiena o del petto potrebbe essere un azzardo.
Poi ogni situazione sempre dobbiamo ricordare che è soggettiva e in realtà ci potrebbero essere anche delle situazioni di persone che trovano un certo feeling con un professionista nel settore che incontrano per farci due chiacchiere e poi decidono di farsi un tatuaggio molto grande e con dei disegni che gli piacciono.
Noi parliamo genericamente ed è chiaro che genericamente bisogna ricordare che partire da un tatuaggio più piccolo in una zona non molto difficile da tatuare e quindi evitare per esempio zone come le mani o come il collo, è chiaro che significa entrare in un mondo ma entrarci in punta di piedi.
Anche perché farsi fare un tatuaggio grande significa dover essere abituati anche a stare con quegli aghi sulla pelle per tanto tempo e quindi bisognerebbe reggere anche dal punto di vista mentale e non tutti siamo uguali.
Mentre per esempio ci potrebbero essere altre persone che sono degli habitué e magari hanno vari tatuaggi disegnati nel loro corpo e quindi temono molto di meno farsi fare per la prima volta un tatuaggio grande magari in una coscia o nella schiena o nel petto e si sentiranno più sicuri, anche perché conosceranno già magari quei professionisti.
Se per esempio abbiamo un tatuatore di fiducia saremo molto più felici perché avremo già comprovato e i risultati e per esempio avremo verificato che una persona che rispetta le norme igieniche che riguardano anche la sterilizzazione di strumenti per evitare delle infezioni e quando si parla di tatuaggi da questo punto di vista non si può scherzare.
Scegliere un tatuatore di qualità fa la differenza
Poi chiaramente noi nella prima parte abbiamo fatto riferimento a quelle persone che hanno già un tatuatore o tatuatrice di riferimento ma non è per tutti così e soprattutto per le persone che si trovano ad approcciare questo mondo per la prima volta.
Ecco perché del titolo di questa seconda parte sottolineavamo quanto fosse importante trovare un tatuatore di qualità che sia una persona con la quale entriamo subito in sintonia e che magari sentiamo già al sicuro in partenza quando entriamo nello studio.
Di certo visto che un tatuaggio non è un gioco e sarebbe bene riuscire a selezionare dei professionisti del settore senza farsi abbindolare magari da chi ci fa una proposta su internet che ci sembra conveniente e poi alla fine il suo lavoro si rivela di una qualità scadente.
Sarebbe molto meglio investire su professionisti rinomati che ci danno delle garanzie rispetto alla qualità del servizio e quindi dei risultati con il tatuaggio e tutto ciò possiamo anche comprovare dalle varie recensioni online.
Link Utili:
Il tatuaggio (derivato dal francese tatouage, a sua volta dal verbo tatouer e questo dal termine anglosassone tattoo, adattamento del samoano tatau) è sia una tecnica di decorazione pittorica corporale dell’uomo, sia la decorazione prodotta con tale tecnica. Tradizionalmente la decorazione è destinata a durare per molto tempo,a volte per sempre, ma in tempi recenti sono state inventate tecniche per realizzare tatuaggi temporanei.
Nella sua forma più diffusa, la tecnica di questa modificazione corporea consiste nell’incidere la pelle ritardandone la cicatrizzazione con sostanze particolari (più precisamente è chiamata scarificazione) o nell’eseguire punture con l’introduzione di sostanze coloranti nelle ferite. Questa tecnica, che oggi sembra facile da eseguire,è stata resa possibile dal susseguirsi e dall’evolversi di tecniche più svariate e ardue nell’antichità. (Wikipedia)
Origini del tatuaggio
Tatuaggi terapeutici sono stati ritrovati sulla mummia dell’”uomo di Pazyryk” nell’Asia centrale con complicati tatuaggi animali o quello della principessa di Ukok (Mummia dell’Altai) databile intorno al 500 a.C. che rappresenta un animale immaginario (cervo e grifone) di un alto livello artistico, arrivato quasi intatto a noi grazie alla permanenza nel permafrost. Tra le civiltà antiche in cui si sviluppò il tatuaggio fu l’Egitto ma anche l’antica Roma, dove venne vietato dall’imperatore Costantino, a seguito della sua conversione al Cristianesimo. È peraltro da rilevare che, prima che il Cristianesimo divenisse religione lecita e, successivamente religione di Stato, molti cristiani si tatuavano sulla pelle simboli religiosi per marcare la propria identità spirituale.
È inoltre attestata nel Medioevo l’usanza dei pellegrini di tatuarsi con simboli religiosi dei santuari visitati, particolarmente quello di Loreto. Fra i cristiani la pratica del tatuaggio è diffusa fra i copti monofisiti. Col tatuaggio i copti rimarcano la propria identità cristiana, i soggetti sono solitamente la croce copta, la natività e il Santo Mar Corios, martirizzato sotto Diocleziano e rappresentato in sella ad un cavallo con un bambino. La religione ebraica vieta tutti i tatuaggi permanenti, come prescritto del Levitico (Vaikrà) (19, 28). In particolare, l’Ebraismo vieta ogni incisione accompagnata da una marca indelebile di inchiostro o di altro materiale che lasci una traccia permanente. (Wikipedia)
Tecniche di tatuaggio
Gli Inuit usano degli aghi d’osso per far passare attraverso la pelle un filo coperto di fuliggine (la china, che artigianalmente e impropriamente si adopera per lo scopo è in fin dei conti una sospensione acquosa di fuliggine).
Nelle zone oceaniche (Polinesia, Nuova Zelanda) il tatuaggio viene eseguito tramite i denti di un pettine di osso che, fermato all’estremità di una bacchetta (formando così uno strumento di forma simile a un rastrello), e battuto tramite un’altra bacchetta, forano la pelle introducendo il colore, ottenuto quest’ultimo dalla lavorazione della noce di cocco.
I giapponesi, con la tecnica detta tebori, usano sottili aghi metallici e pigmenti, adesso di molti colori, ma che in origine erano rosso, giallo e indaco, oltre al nero in varie gradazioni, e introducono nella pelle sostanze di natura chimica diversa e di colore diverso. La tecnica giapponese prevede che gli aghi, fissati all’estremità di una bacchetta di bambù, che viene fatta scorrere avanti e indietro (di forma simile a un sottile pennello), siano fatti entrare nella pelle obliquamente, con minor violenza rispetto alla tecnica polinesiana, ma comunque in modo abbastanza doloroso. (Wikipedia)